di Luigi Casanova – Stanno avanzando i lavori per la preparazione dei mondiali di sci alpino di Cortina d’Ampezzo, previsti per febbraio 2021 e probabilmente spostati al marzo 2022, subito dopo le Olimpiadi invernali di Pechino. Il CIO e la FISI italiana giustificano questa loro sbalorditiva e inconsulta richiesta con il rischio di un ritorno della pandemia Sars – CoV – 2. I motivi sono ben altri: laddove si sta lavorando per la grande tribuna che dovrebbe accogliere gli spettatori a valle delle piste il terreno è franato: non hanno retto i diffusi micropali, si lavorava su terreni di riporto, ovviamente instabili.
Ora tutto è da rifare, progetti compresi. Come del resto la viabilità di accesso: molti cantieri verso Cortina e a Cortina, a otto mesi dal previsto appuntamento, sono ancora da avviare.
Ma sulle piste si lavora. Già la Tofana era stata violentemente aggredita a suon di esplosivo con il potenziamento della pista di discesa libera nel corso del 2019. Oggi le motoseghe stanno devastando quanto è rimasto in piedi dei boschi cortinesi dopo la tempesta Vaia. Le ruspe sono attive su altre piste, sempre in Tofana, ma anche verso le 5 Torri, per fare strade, parcheggi, allargare piste.
Si era detto (ricordiamo che Cortina aveva ottenuto l’appuntamento mondiale solo grazie alla rinuncia di tutte le altre città candidate, veniva da tre insuccessi consecutivi) che erano mondiali green, sostenibili. La FISI, l’associazione degli impiantisti, il Comune di Cortina, il Ministero dell’Ambiente, la Fondazione Dolomiti UNESCO avevano varato una banale Carta Verde di Cortina, documento che avrebbe dovuto sancirne la piena sostenibilità, sotto tutti i punti di vista: consumi energetici, mobilità, rispetto del paesaggio. Già oggi questa Carta dimostra la sua inutilità, come del resto subito avevano dichiarato, siamo nel 2016, le associazioni ambientaliste nazionali e locali.
Ma sono molti altri i documenti di valore internazionale che l’appuntamento mondiale non sta rispettando. Partiamo dalla Convenzione delle Alpi: ben 5 dei 9 protocolli sono violati: Turismo, Foreste, Difesa dei suoli, Beni naturali e Paesaggio, Trasporti. La Carta di Courmayeur, un documento sottoscritto nel 2019 anche dal Ministero dell’ambiente per definire la sostenibilità effettiva di un grande evento sportivo nelle Alpi: non un passaggio di questo atto viene recepito. E arriviamo ai giorni nostri, ai 17 punti sostenuti in Agenda 2030 sullo sviluppo e la sostenibilità della crescita, un documento sottoscritto da oltre 180 paesi del mondo e che prevede investimenti per 1000 miliardi di dollari. Vi si violano il punto 8 sulla crescita duratura e inclusiva, il punto 11 sulle comunità sicure, inclusive e sostenibili, il punto 13 laddove si dovrebbero definire le azioni urgenti per combattere il cambiamento climatico e arginare, da subito, gli effetti dei disastri naturali e il punto 15 dove si invita a proteggere, ristabilire, promuovere l’uso sostenibile delle foreste, fermare la degradazione del territorio, arrestare la perdita di biodiversità.
Del resto la CIPRA internazionale già con documenti del 2014 e del 2016 dichiarava che: “… Gli impatti delle Olimpiadi invernali hanno superato una soglia che non è più accettabile, tanto per la natura quanto per l’uomo. Neppure la nuova Agenda 2020 elaborata dal Comitato olimpico internazionale (CIO) rappresenta un reale progresso. Le 40 raccomandazioni qui contenute hanno l’unico scopo di recuperare i Paesi occidentali. Solo quando il CIO apporterà modifiche sostanziali alle sue strutture e ai suoi regolamenti, garantirà valori democratici nei Paesi ospitanti e rispetterà i principi dello sviluppo sostenibile sia nella pianificazione che nello svolgimento dei Giochi olimpici invernali, si potrà prendere in considerazione una nuova edizione delle Olimpiadi invernali nelle Alpi in quanto ad oggi provocano alterazioni sempre più profonde dell’ambiente naturale…”
Si parlava di Olimpiadi, ma il discorso era riferito anche all’evento dei mondiali di sci alpino. Quanto sta accadendo a Cortina è allarmante certo per le opere che ospiteranno le gare, come si evince dalle fotografie riportate, ma anche per altre prospettive. Come sempre il mondo della speculazione dello sci non si accontenta di quanto la politica, mai divisa su questi aspetti, già offre sul loro piatto: nuove opere, potenziamenti, semplificazioni legislative, contributi a fondo perduto. Non è un caso che noi ambientalisti abbiamo loro affibbiato il titolo di Predatori della montagna. Non sono mai sazi e anche in questa occasione ne hanno approfittato. Già si sta costruendo un enorme bacino di innevamento artificiale al Pian dei Schiavanei (Sotto le Torri del Sella), 120.000 mc di capienza, per alimentarlo si prosciugano le sorgenti e le aree umide di passo Pordoi. Il loro grande sogno è devastante. Collegare Cortina prima con la val Badia passando dalle 5 Torri e Passo Falzarego, poi Arabba da passo Falzarego per arrivare in Marmolada attraverso Porta Vescovo e l’ultima pazzia partirebbe sempre da Cortina, verso passo Falzarego per arrivare al Monte Civetta, ai piedi del grande Pelmo. Il tutto viene promosso come viabilità alternativa, come strutture che eviteranno a noi tutti di utilizzare l’auto personale in quota. Ve lo immaginate un abitante di Selva di Cadoreprendere gli impianti e andare a fare la spesa a Cortina o in Val Badia, o viceversa? Decine di chilometri su cabinovie e seggiovie con sedili riscaldati. Qualora realizzate queste tre direttrici, al di là del comunque devastante e irrecuperabile impatto ambientale e paesaggistico sulle Dolomiti, urbanizzerebbero le alte quote: nuovi ristoranti grazie a deroghe a doppie cifre, rifugi, ulteriore viabilità sui pascoli e sotto le pareti e le torri, motoslitte e raduni di jeep e quad diffusi sotto ogni roccia.
Per fare economia ovviamente ci dicono gli operatori turistici locali, per dare lavoro e far rimanere la montagna abitata, ci dicono questi sviluppatori. Mai una volta che in un documento della Fondazione dei mondiali di Cortina o delle associazioni turistiche o imprenditoriali si legga un appello, un progetto teso alla conservazione del paesaggio, alla valorizzazione e al potenziamento della biodiversità, al rispetto dei paesaggi e dei valori più nobili delle nostre Alpi. In questo deprimente scenario va anche sottolineato, e non per amore di polemica, ma come presa d’atto di una situazione, lo sconvolgente silenzio della Fondazione Dolomiti UNESCO, un silenzio che si tramuta in assenso verso la devastazione che si va compiendo proprio alle spalle, al di fuori della finestra della sede della Fondazione stessa.
tratto da Mountain Wilderness