di Gianfranco Bettin – Il decreto del governo sulle “grandi navi” contiene luci e ombre.
Le luci: la dichiarazione di tutela ambientale e culturale delle “vie d’acqua urbane” (“monumento nazionale”), l’estensione del divieto di transito in esse alle navi di stazza superiore a 25 mila t., e il loro dirottamento altrove in attesa degli approdi “provvisori”, la conferma della scelta strategica di realizzare off-shore, in Adriatico, il nuovo porto crociere e commerciale, gli indennizzi, in particolare, per i lavoratori (che devono essere immediati), l’annuncio – a latere – della ricostituzione del Magistrato alle Acque.
Le ombre: l’enorme investimento sugli “approdi provvisori” a Marghera lascia pensare che tale scelta rischi seriamente di diventare definitiva, magari mutando anche a Roma il quadro politico (a Venezia e nel Veneto i fautori della soluzione Marghera sono già al comando). Sarebbe una scelta radicalmente sbagliata, collocando in mezzo alla zona industriale, tra impianti a rischio, il porto crociere, che così estenderebbe la monocultura turistica a un’area che per vocazione ne è da sempre l’antidoto, sottraendo spazi a industria e logistica e continuando a mantenere in laguna le gigantesche navi che, con il loro impatto, ne aggravano il dissesto idrogeologico. Un rischio, peraltro, che si corre anche con la soluzione provvisoria a Marghera, dato che l’art. 2, comma 1.b e c del decreto, non prevede solo “manutenzioni dei canali esistenti” ma pure “interventi accessori per il miglioramento dell’accessibilità nautica” potenzialmente forieri di pesanti manomissioni e scavi. Meglio sarebbe, perciò, realizzare approdi davvero provvisori, più leggeri, reversibili, ad esempio alla bocca del Lido, evitando così anche la commistione tra traffico turistico e commerciale-industriale.
Occorre, dunque, tenere viva l’attenzione locale e internazionale, per evitare che il passo avanti compiuto sia infine nella direzione sbagliata.