Revoca bando ampliamento depuratore di Casale (Vicenza), Cristina Guarda (EV): “Decisione fuori tempo massimo che rallenterà il nuovo acquedotto anti-pfas?”

“Il Presidente Zaia faccia il suo dovere e intervenga sui ritardi accumulati per le nuove tubazioni acquedottistiche anti-Pfas. La decisione per nulla tempestiva di Viacqua rischia di peggiorare la situazione, la tutela della salute dei cittadini non può rallentare!”.

L’annuncio, da parte del CdA di Viacqua, della revoca del bando da oltre 80 milioni di euro per l’ampliamento del depuratore di Casale a Vicenza suscita reazioni, proprio perché riguarda anche l’atteso collegamento a fonti prive di Pfas per l’acquedotto di Lonigo e dell’intera Zona Rossa Pfas. A Intervenire è la Consigliera regionale di Europa Verde, Cristina Guarda, che dichiara: “Comprendo il fatto che l’attuale situazione economica imponga scelte non facili e che il progetto debba essere riaggiornato a causa di un potenziale aumento dei costi, tuttavia emergono non poche preoccupazioni, per questo ho presentato un’interrogazione alla Giunta regionale. A quasi un anno dalla pubblicazione del bando di gara, sospeso poi a ottobre scorso, Viacqua comunica solo ora che il progetto per l’ampliamento del depuratore di Casale è da rivedere e che la gara è da rifare.

Ma a preoccupare maggiormente è l’impatto che tutto questo potrà avere sulle politiche di contenimento dei Pfas nella nostra regione. Il bando di Viacqua sospeso, infatti, non riguarda soltanto l’ampliamento del depuratore di Casale, ma anche la realizzazione di un tratto, tra Vicenza Est e Vicenza Ovest, delle nuove condotte acquedottistiche anti-pfas da Brendola a Piazzola sul Brenta.

A oltre 4 anni dalla dichiarazione dello stato di emergenza per la contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS) delle falde idriche nei territori delle province di Vicenza, Verona e Padova, possibile che i Veneti avvelenati debbano subire un nuovo stop a un’opera essenziale per la protezione sanitaria? Di fronte alle evidenze scientifiche che confermano, come è accaduto in Tribunale a Vicenza, il danno alla salute dei cittadini con l’aumento di mortalità e patologie nell’area contaminata, ora la Regione del Veneto e la sua partecipata Veneto Acque non possono far finta di non vedere: intervengano e risolvano il grave ritardo nell’arginare la contaminazione che ha conseguenze ambientali, sociali, economiche. A oltre un decennio dalle prime denunce, una fetta consistente della popolazione regionale è ancora esposta all’inquinamento da Pfas. Quanti anni ancora dovranno attendere i cittadini? E’ questo il Veneto del fare?

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