Cambiamenti climatici e siccità

Il Veneto è la Regione idrologicamente più ricca d’Italia.

Eppure nel Veneto la condizione della risorsa idrica è allo stremo.

Perché l’acqua, il bene più prezioso della terra, non è stata difesa, tutelata, come se si trattasse di una risorsa inesauribile e non vulnerabile.

Già da tempo Verona attinge l’acqua dall’ultima falda acquifera, sotto la quale c’è l’acqua salmastra, il Fratta Gorzone ricevendo gli scarichi delle concerie non riesce a rigenerarsi, l’acquedotto di Padova riceve il suo approvvigionamento idrico dal bacino di Due Ville dove a breve distanza il PTRC Veneto ha concesso l’insediamento di allevamenti suinicoli che contaminano le falde con le deiezioni dei maiali contenenti metalli pesanti.

A questo si aggiunge l’incuria della Regione Veneto nei confronti della più importante infrastruttura del territorio, gli acquedotti, che hanno una dispersione media del 40% e in 119 comuni più del 50%. Ma, com’è noto, la Regione predilige la costruzione di un altro tipo di infrastrutture, quelle viarie, come la Pedemontana Veneta, che devastano il territorio, il paesaggio, le aree agricole e consumano suolo. 

Il colpo di grazia all’acqua viene dalla scelta nazionale di privatizzarla e di metterla sul mercato come se si trattasse di un bene qualsiasi sul quale le multinazionali possono fare grandi affari a spese dei cittadini ai quali l’acqua appartiene. 

Resilienza significa prepararsi agli eventi sempre più frequenti e devastanti che colpiscono il Pianeta, attrezzare le città e il territorio per prevenirli quando possibile e ridurne i danni quando non lo è. 

Il rapporto stretto fra siccità e cambiamenti climatici è la prima necessità di un riconoscimento senza il quale ogni lettura sarà sbagliata e ogni terapia destinata a fallire. 

Il consumo di suolo, che significa impermeabilizzazione del terreno, costituisce la causa dell’impossibilità dell’acqua piovana di penetrare nel terreno e di alimentare le falde freatiche già in condizioni critiche.

I mutamenti climatici provocati dalle emissioni dei “gas serra” creano quell’instabilità nel pianeta che produce fenomeni estremi, piogge torrenziali che in tempi brevissimi allagano tutto e non riescono ad essere assorbiti da un terreno in gran parte cementificato, e la siccità che contemporaneamente colpisce l’agricoltura e l’approvvigionamento idrico per uso alimentare.

È messa in discussione la nostra stessa sopravvivenza per la carenza di acqua e cibo non più assicurati. 

I dati sono allarmanti: 

Arpav afferma che le piogge in Veneto sono crollate del 65% e che non è piovuto per 110 giorni consecutivi. Questo produrrà in agricoltura una perdita tra il 50% e il 100% dei raccolti tradizionali. 

I fiumi sono in secca (Adige a meno 24%, Brenta meno 43%, Bacchiglione meno 58%, Po meno 47%). 

Le falde acquifere sono in costante abbassamento, perché i temporali provocano una forte dispersione d’acqua piovana, mentre le falde vanno riempite costantemente durante tutto l’inverno.

Si sono verificati in Veneto, a causa del sottobosco secco, solo nel mese di marzo, 48 incendi boschivi. In Italia i roghi sono aumentati del 148% con un danno di 10.000 € per ettaro (spegnimento, bonifica, ricostituzione ambientale) dovuto anche al mancato presidio degli agricoltori, che abbandonano per insostenibilità economica i territori. 

L’agricoltura, resa ancor più preziosa in questo periodo di conflitto armato, è in grave crisi. Gli allevamenti chiudono per aumento dei costi dei mangimi e dell’energia, seminativo e cereali rischiano di non venir neppure seminati perché sono particolarmente idrovori. Quindi si rischia che la produzione agricola venga fortemente selezionata sulla base del suo bisogno d’acqua. 

 

COSA SERVE, COSA PROPONIAMO:

– eliminare l’art 6 dal decreto concorrenza che induce i Comuni a privatizzare l’acqua

– ridurre l’impermeabilizzazione dei terreni, causa diretta dell’abbassamento delle falde e, attraverso la riduzione dei servizi ecosistemici, del cambiamento del clima

(Presentare una modifica alla LR 11/2004 che calcoli come suolo consumato anche quello interno al tessuto consolidato, rapportandolo al parametro dell’incremento demografico, come chiederà l’Europa entro il 2030) 

– difendere i territori agricoli da nuove urbanizzazioni ma anche da pannelli fotovoltaici a terra consentendone l’uso solo in aree non produttive (modificare la LR.  se prima non provvederà il Parlamento)

– favorire la permanenza delle aziende agricole anche come presidio del territorio

– costruzione di una nuova rete acquedottistica cominciando da dove si verificano i maggiori sprechi (Ospitale di Cadore 92%, Lorenzago di Cadore 89%, Colle S. Lucia 86%, Vidor 81%…) che rappresentano un vergognoso scandalo nel Governo della Regione 

– aumentare i controlli sugli sversamenti inquinanti nei fiumi 

– diversificare gli usi dell’acqua limitando quella potabile ai soli bisogni alimentari    – riutilizzo dell’acqua per usi non civili

  verifica dello stato dei corpi idrici e del reticolo irriguo nelle campagne

– investire rapidamente sui bacini artificiali e in cave dismesse su tutto il territorio regionale per trattenere l’acqua piovana

– attivare un piano per l’irrigazione regionale con tecniche innovative e di precisione

– sviluppare la ricerca tecnico-scientifica per far fronte ad un’emergenza che è solo al suo inizio

– dare attuazione al “Piano d’Azione” che agisce sui sistemi naturali: le fasce ripariali, boschi e zone umide perifluviali sono “spugne”che trattengono l’acqua durante le piene e la rilasciano progressivamente riducendo le conseguenze dei periodi di siccità. Proponiamo che il “Piano di Rinaturazione” venga sbloccato e applicato per fronteggiare la crisi idrica.

EUROPA VERDE VENETO e SINISTRA ITALIANA VENETO (GRUPPO AMBIENTE-CITTÀ) 

 

Immagine di copertina Greenreport

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