Nel corso della seduta della Terza Commissione la Presidente Stefania Craxi mi ha ripetutamente chiamata ‘senatore’ e non ‘senatrice’, nonostante io abbia fatto chiaramente presente che in quanto donna volevo essere chiamata al femminile. Ciò non è accaduto solo a me, ma anche a molte altre colleghe, in varie occasioni. Visti i reiterati episodi di discriminazioni di genere nell’uso del linguaggio, 76 senatrici e senatori hanno sottoscritto una lettera al Presidente del Senato Ignazio La Russa per chiedere un suo intervento affinché, nell’ambito dei lavori in Aula e nelle Commissioni, venga sempre garantito il rispetto del linguaggio di genere e più nello specifico, venga riconosciuto il diritto di ogni senatrice ad essere chiamata, per l’appunto, ‘senatrice’ e non ‘senatore’. Non è una questione solamente formale, perché la lingua che usiamo veicola non solo significati ma anche valori e giudizi culturali che spesso possono rafforzare gli stereotipi. Il rifiuto da parte di figure istituzionali, come i Presidenti di Commissione, di usare la desinenza femminile, specie se richiesto esplicitamente dall’interessata, risulta essere, oltre che sgradevole, del tutto fuori dal tempo.
Lo afferma la senatrice dell’Alleanza Verdi e Sinistra Aurora Floridia, promotrice della lettera inviata al Presidente La Russa e firmata da tutto il gruppo di AVS, PD, M5S e singoli parlamentari di Italia Viva, Autonomie e Azione.
Da oltre 10 anni, scrivono le senatrici e i senatori nella lettera, l’Accademia della Crusca ribadisce l’opportunità di usare il genere grammaticale femminile per indicare ruoli istituzionali (la ministra, la presidente, l’assessora, la senatrice, la deputata ecc.). La decisione o il rifiuto di usare i nomina agentis declinati al femminile rappresenta una scelta individuale che ha delle ricadute potenzialmente non indifferenti sulla progressione dell’emancipazione femminile nella nostra società. L’utilizzo del linguaggio di genere risulta essere un alleato irrinunciabile nella battaglia per l’eliminazione della violenza contro le donne e sarebbe un vero peccato se il Senato della Repubblica rimanesse arretrato in posizioni del tutto anacronistiche, concludono i firmatari e le firmatarie auspicando un intervento da parte del Presidente del Senato.
Lo rende noto l’ufficio stampa gruppo Misto Alleanza Verdi e Sinistra del Senato.
Roma, 14 dicembre 2023
Si allega il testo delle lettera
Roma, 15 dicembre 2023
Gentilissimi, per conto della sen. Aurora Floridia, Vi inoltro – con preghiera di pubblicazione – il seguente comunicato stampa:
On.le Sen. Ignazio La Russa
Presidente del
Senato della Repubblica
S E D E
Signor Presidente,
Le scriviamo appellandoci alla Sua sensibilità affinché nell’ambito dei lavori in Aula e nelle Commissioni, venga sempre garantito il rispetto del linguaggio di genere e più nello specifico,venga riconosciuto il diritto di ogni senatrice ad essere chiamata,per l’appunto, “senatrice” e non “senatore”.
Lungi dall’essere una questione meramente formale, la lingua che usiamo veicola non solo significati ma anche valori e giudizi culturali che spesso possono rafforzare le stereotipizzazioni. Il rifiuto di figure istituzionali quali i Presidenti di Commissione, ad usare la desinenza femminile – specie ove richiesto esplicitamente dall’interessata – risulta essere, oltre che sgradevole, del tutto fuori dal tempo.
Da oltre 10 anni l’Accademia della Crusca ribadisce l’opportunità di usare il genere grammaticale femminile per indicare ruoli istituzionali (la ministra, la presidente, l’assessora, la senatrice, la deputata ecc.) e professioni alle quali l’accesso è normale per le donne solo da qualche decennio (chirurga, avvocata o avvocatessa, architetta, magistrata ecc.) così come del resto è avvenuto per mestieri e professioni tradizionali (infermiera, maestra, operaia, attrice ecc.). La decisione o il rifiuto di usare i nomina agentis declinati al femminile rappresenta una scelta individuale che ha delle ricadute potenzialmente non indifferenti sulla progressione dell’emancipazione femminile nella nostra società: ciò che viene nominato, infatti, acquisisce maggiore consistenza, oltre che visibilità, mentre tutto quello che non viene appellato con precisione rimane, in qualche modo, meno visibile, se non altro perché non se ne può parlare.
L’utilizzo del linguaggio di genere risulta quindi essere un alleato irrinunciabile nella battaglia comune per l’eliminazione della violenza contro le donne e sarebbe un vero peccato se il Senato della Repubblica rimanesse arretrato in posizioni del tutto anacronistiche.
Tutto ciò premesso, nell’auspicio di un Suo intervento in tal senso, voglia gradire i nostri saluti.
Aurora Floridia
Ilaria Cucchi
Alessandro Alfieri
Vincenza Aloisio
Lorenzo Basso
Alfredo Bazoli
Dolores Bevilacqua
Anna Bilotti
Francesco Boccia
Enrico Borghi
Susanna Camusso
Pier Ferdinando Casini
Maria Domenica Castellone
Francesco Castiello
Roberto Cataldi
Andrea Crisanti
Marco Croatti
Concetta Damante
Peppe De Cristofaro
Cecilia D’Elia
Graziano Del Rio
Raffaele De Rosa
Gabriella Di Girolamo
Michele Fina
Barbara Floridia
Silvio Franceschelli
Dario Franceschini
Annamaria Furlan
Francesco Giacobbe
Andrea Giorgis
Barbara Guidolin
Nicola Irto
Francesca La Marca
Ettore Antonio Licheri
Sabrina Licheri
Marco Lombardo
Ada Lopreiato
Pietro Lorefice
Beatrice Lorenzin
Alberto Losacco
Alessandra Maiorino
Simona Malpezzi
Tino Magni
Daniele Manca
Andrea Martella
Bruno Marton
Orfeo Mazzella
Marco Meloni
Franco Mirabelli
Antonio Misiani
Dafne Musolino
Gisella Naturale
Luigi Nave
Antonio Nicita
Dario Parrini
Pietro Patton
Stefano Patuanelli
Luca Pirondini
Elisa Pirro
Vincenza Rando
Tatjana Rojc
Anna Rossomando
Daniela Sbrollini
Ivan Scalfarotto
Roberto Maria Ferdinando Scarpinato
Filippo Sensi
Elena Sironi
Cristina Tajani
Antonio Trevisi
Mario Turco
Julia Unterberger
Valeria Valente
Francesco Verducci
Walter Verini
Ylenia Zambito
Sandra Zampa