L’Unione Europea ha proposto la “Nature Restoration Law” con l’obiettivo di ripristinare entro il 2030 almeno il 20% delle superfici terrestri e acquatiche dell’Unione, esteso entro il 2050 a tutti gli ecosistemi bisognosi di recupero. Mentre il Parlamento europeo ha approvato il testo con 336 voti a favore, l’Italia si è opposta, vedendo nei vincoli ambientali una minaccia per la sicurezza alimentare ed energetica, citando perdite economiche per agricoltori, pescatori e selvicoltori. Il 29 novembre, l’Italia ha nuovamente votato contro presso la Commissione Ambiente europea.
La Nature Restoration Law, un regolamento vincolante, richiede agli Stati membri di adottare Piani Nazionali di Ripristino entro due anni dal completamento dell’iter legislativo. Questi piani saranno soggetti al controllo della Commissione, con la possibilità di azioni legali in caso di mancato rispetto degli obiettivi prefissati. L’obiettivo generale è contribuire alla ripresa continua della biodiversità e della resilienza della natura, partecipando agli sforzi dell’Unione per mitigare e adattarsi ai cambiamenti climatici.
L’81% degli habitat protetti, il 39% delle specie di uccelli protetti e il 63% delle altre specie nell’UE sono in uno stato di conservazione precario, con cause che includono agricoltura intensiva, uso indiscriminato di pesticidi, consumo di suolo e inquinamento. Il ripristino della natura è fondamentale non solo per la protezione, ma anche per invertire il declino delle popolazioni di insetti impollinatori e affrontare le sfide ambientali.
A livello economico, si stima che ogni euro speso in ripristino del territorio porterà un ritorno da 8 a 38 €, rendendo l’investimento vantaggioso. L’entrata in vigore della legge potrebbe avere effetti positivi sull’ambiente e sull’economia, contribuendo a territori più sicuri, città più verdi e servizi ecosistemici di maggiore qualità. Questa legge rappresenta un connubio virtuoso tra economia ed ecologia, promuovendo una vita migliore.