“Anche quest’anno-afferma il Consigliere regionale Renzo Masolo (Europa Verde)- il Veneto sale sul podio delle regioni che più consumano suolo, in triste primato a cui dobbiamo urgentemente rinunciare. I dati Ispra fotografano un Paese in cui, a livello nazionale, meno di un terzo della popolazione urbana può raggiungere un’area verde pubblica entro i 300 metri di distanza. Mentre il Veneto è la prima regione in Italia per incremento di consumo di suolo tra il 2022-2023, verosimilmente anche a causa di una legge regionale ad hoc, in tema di cantieri, ad esempio, che noi Verdi ribattezzammo ” Veneto Cantiere Vorace” e che in parte fu pure bocciata dalla Corte Costituzionale. Ma la responsabilità principale è da attribuire all’attuale legge sul consumo di suolo del Veneto: la classica legge che fagocita i propri stessi principi grazie a una serie di nutrite deroghe. Non che la promessa legislativa di un Veneto Territorio Sostenibile faccia meglio, anzi, se possibile, riesce a fare pure peggio. Con i nostri 92mila capannoni abbandonati, strisce di cemento enormi come la SPV (la cava di ghiaia più estesa di Europa), deroghe a tavoletta che sembrano quasi incentivare il consumo ulteriore di suolo, difficilmente il primato potrebbe essere sottratto alla nostra regione. Perfino per le Olimpiadi invernali 2026, che dovevano essere l’edizione più sostenibile della storia dello sport, stiamo riuscendo a consumare suolo come se ne avessimo da regalare. La pista da bob da 130 milioni di euro di Cortina è un buon esempio della Veneto philosophy su questo fronte. Poi, possiamo piantare tutti gli alberi che vogliamo, ma l’effetto è quasi nullo se pensiamo che in realtà le piante sottraggono CO2 per trasferirla nel suolo, in mancanza del quale i benefici quasi si annullano. Inoltre, Ispra è riuscita a stimare un costo tra i 79mila e i 97mila euro l’anno per ciascun ettaro di terreno libero che viene impermeabilizzato, ma in sede di approvazione di bilancio regionale cala la notte su questi dati, preferendo la perpetuazione del costruire sempre più infrastrutture impattanti.” Aggiunge l’eurodeputata Cristina Guarda: “Consumando suolo perdiamo servizi ecosistemici, con un costo stimato in oltre 9 miliardi di euro all’anno per l’Italia. E con conseguenze disastrose sulla capacità di produrre cibo: altro che sovranità alimentare, con tanti saluti alla produttività dei terreni agricoli. Secondo la FAO, il 33% del suolo agricolo globale è già degradato e l’Agenzia europea per l’ambiente prevede che i valori dei terreni agricoli crolleranno di oltre l’80% in determinate aree entro il 2100. E attenzione: il suolo è una risorsa non rinnovabile, occorrono più di duemila anni per formare dieci centimetri di terreno. Ci stiamo togliendo la terra da sotto i piedi e non ci rendiamo conto che quella terra è una risorsa fondamentale per la vita. La Direttiva UE per il monitoraggio del suolo rappresentava un’opportunità storica per proteggere i suoli europei, ma è stata indebolita, eliminando obiettivi vincolanti e meccanismi di monitoraggio. Così, l’Europa rischia di rimanere senza strumenti concreti per affrontare la crisi del suolo”.