A cura di Europa Verde, Circolo Colli Euganei
Abano, 15 marzo 2025
Quando si parla di Parco di Colli Euganei, è quasi implicito un riferimento ai centri più importanti, che ne hanno determinato la storia e la fama, come ad esempio Abano e il bacino termale fin dai tempi delle popolazioni venete e poi romane, oppure Este, e l’ eccezionale antichità della civiltà atestina. Quando invece citiamo Teolo, è inevitabile che la memoria vada al suo passato di ex capoluogo collinare. Ma il territorio di Teolo, e più precisamente Castelnuovo, è interessato dalla presenza di tracce di insediamenti ed attività umane dal neolitico, con tracce di allevamento e tessitura fin dal III° millennio. A Teolo si sono rinvenute tracce abbondanti anche per il periodo romano, come attesta il cippo confinario del 141 a.c. ; infatti il latino Titolus ha dato origine al toponimo Teolo.
In ambito medioevale Teolo era ancora al centro dell’interesse locale, tanto da divenire luogo di vicaria e podestaria, come attestato dalla presenza della rocca di Speronella, residenza abituale del vicario imperiale. E per tutte queste ragioni, fin dall’antichità, il territorio di Teolo era attraversato da una fitta rete viaria e di mulattiere. Una di queste, che in realtà collega ancora la pianura a Castenuovo, portava anche nei pressi proprio di quel castello appena citato, conosciuto addirittura da personaggi illustri e celebrati come Dante. E fino ad oggi, nonostante l’urbanizzazione moderna, e l’aumento della frequentazione di appassionati della natura in tutti i suoi aspetti, non c’è mai stato il pericolo di compromissione della natura, nè di frammentazione degli habitat. Si può dire che le caratteristiche del paesaggio si sono mantenute abbastanza bene. Tutto questo fino a poco tempo fa
Ora però, con una deprecabile decisione assunta dall’amministrazione comunale di Teolo, e avvallata dallo stesso Ente Parco Colli, tutto questo sta cambiando irreparabilmente.
Un esempio tra tutti sta indignando moltissima gente, e i frequentatori dell’area della mitica cima di Rocca Pendice: la storica strada bianca che ne cinge la base, ora non c’è più. E’ stata asfaltata. E con essa, sono scomparse anche le tracce dell’antica mulattiera. Quello che era un bellissimo percorso, contraddistinto in un buon tratto dall’affiorare dei pietroni trachitici della storica pavimentazione, ora si è trasformato in un nastro d’asfalto e cemento come i tanti altri che degradano e intristiscono il nostro attuale paesaggio di pianura. Con un enorme differenza: qui, questa strada denominata via Calti Pendice, sarebbe ancora una strada forestale, dove secondo legge sarebbe consentito solo il passaggio di mezzi deiresidenti, o di quelli per l’accesso ai fondi e al bosco. E dunque, su questa strada forestale, che tra l’altro sempre per legge avrebbe dovuto essere segnalata da una chiara tabellatura, che però non è mai stata collocata, non si può dire che esista una particolare esigenza di viabilità e passaggio veicolare. O meglio, le esigenze di manutenzione di quello che era già un tratto coperto e cementato non possono in alcun modo giustificare la decisione, quasi un colpo di mano, di andare a ricoprire anche i 6/700 metri della strada bianca, che tra l’altro non sono nemmeno di proprietà comunale!
E infatti, nella delibera comunale che approva il progetto si spiega che
“al fine di rimuovere quelle parti di pavimentazione, precedentemente eseguita, che nel corso degli anni si è deteriorato e che, oggi, presenta un problema per i fruitori della via in quanto la pavimentazione era stata realizzata in calcestruzzo armato, con rete elettrosaldata, e oggi, il deterioramento del calcestruzzo, ha messo in evidenza il ferro della rete elettrosaldata che costituisce un pericolo per i fruitori della strada stessa” (determinazione n. 342 del 23/07/2024).
Ma allora, perchè il comune ha deciso di andar oltre, modificando palesemente, e probabilmente in modo illegittimo, quanto esso stesso ha approvato?
Ma le dolenti note su queste strane procedure non si esauriscono qui. C’è ben di peggio! E infatti, il comune riesce ad ottenere l’ok ai lavori, sfruttando il silenzio assenso della Soprintendenza. O meglio, è lo stesso Ente Parco che, interpellato dal comune per ottenere il benestare paesaggistico, non ha la risposta dalla Soprintendenza, e quindi, signore e signori, sindaci e assessori, siate tutti contenti perchè il lavoro si può fare!
Tuttavia, resta incomprensibile per lo scrivente, capire come l’Ente Parco abbia potuto dare il suo nulla osta al Comune di Teolo senza battere ciglio su quello che sarebbe diventato un cambiamento radicale di un paesaggio unico, e per di più senza prima aver controllato la corretta intestazione ed accatastamento di tutti i beni oggetto di intervento.
Ma forse, data l’unicità dei luoghi in qualche amministratore rimane ancora un piccolo dubbio: se questa strada è inserita in pieno parco, cioè ha una vocazione strettamente ambientale e rientra nell’ area naturalistica e paesaggistica iper protetta (teoricamente) nonché riserva della bio sfera censita UNESCO (voluta e approvata in pompa magna dal fior fiore della politicanza locale), come fare a procedere alla copertura integrale?
Ma semplice, anche se la copertura prevede la realizzazione di diversi strati, basta che l’ultimo strato sia apparentemente ecologico.
Ecco quindi che si scelgono una decina di materiali e composti chimici, per i primi strati. Poi l’ultimo, quello superficiale è certificato come “compatibile ambientalmente”, tanto che nella scheda tecnica si esaltano tot caratteristiche: “può essere utilizzato ovunque, anche in zone SIC, ZPS e ZSC”. E quindi, per i cementalioli tutti che problema c’è?
Se si usano detti materiali, non importa se si va a ricoprire la strada originale, mulattiera storica compresa, o se si stravolgono gli scoli laterali e quelle due o tre pozze che ospitavano popolazioni di anfibi, e non importa nemmeno se parte della strada è interessata dal sentiero naturalistico CAI n°2 è sufficiente dichiarare che per lor signori non c’è alterazione dell’ambiente !
Ah, però, ora i signori gestori dell’Ente Parco Colli forse dovranno modificare qualcosa nella loro enfatica descrizione del sentiero: “una strada bianca che attraversa quasi in piano il versante E del Monte Pendice poco lontano dalla base della grande parete”. Mah, nonostante tutte le bravate, qualche dubbio e perplessita continuiamo ad averlo. Forse perchè gli autori originali della carta dei sentieri non ci sono più, e saranno passati a miglior vita! E quelli che oggi ne hanno preso il posto, probabilmente non conoscono nemmeno l’ambiente che governano.
Occhio non vede, cuor non duole…
Lorenzo Guaia