di Angelo Bonelli – La resistenza dei popoli indigeni per la loro sopravvivenza e contro la propria estinzione ha tutelato parte della foresta sino ad oggi, ma nel 2020 l’Amazzonia ha subito la più grande deforestazione degli ultimi 12 anni. Secondo l’Istituto Socio Ambiental nei primi due anni del governo Bolsonaro la deforestazione è aumentata di quasi il 48% nelle aree protette
L’attacco mortale finale alla Foresta Amazzonica si chiama “PL 490”, projecto Lej 490, che cancellerà l’Amazzonia, terminando il genocidio contro gli indiosiniziato 500 anni fa. Il 22 giugno, mentre fuori dal parlamento brasiliano la polizia di Jair Bolsonaro reprimeva con la violenza le proteste degli indios provenienti da tutta l’Amazzonia, veniva approvata la PL 490 dalla commissione per la Costituzione, la Giustizia e la Cittadinanza che ora attende di essere definitivamente ratificata dal congresso nazionale del Brasile. Con questa legge la costituzione viene modificata in via ordinaria, questo è un aspetto contestato dai legali che assistono i popoli indios, stabilendo che le terre indigene sono quelle occupate dai popoli tradizionali alla data del 5 ottobre del 1988. In questo modo è chiesta ai popoli indios la prova della presenza in quelle terre e quindi del loro diritto a viverci, il giorno in cui fu promulgata la costituzione brasiliana, la legge inoltre vieta l’espansione delle terre che sono già state delimitate, indipendentemente dai criteri e dalle rivendicazioni delle popolazioni indigene interessate e consente di rendere possibile l’entrata nelle aree abitate da indios isolati per motivi di pubblica utilità: la pubblica utilità è lo sfruttamento della foresta. Questa legge voluta dai parlamentari vicini a Bolsonaro ed in particolare dalla cosiddetta “Bancada ruralista” una lobby molto potente che raccoglie 200 deputati federali su 513 di diversi partiti, apre allo sfruttamento di quelle parti dell’Amazzonia che hanno resistito alla deforestazione perché difese dai popoli indios che vivono nelle terre demarcate. La Bancada ruralista rappresenta i grandi interessi dei grandi produttori agricoli e dei latifondisti, ed è considerata la più influente nella discussione, articolazione e negoziazione della politica pubblica nell’ambito del potere legislativo: nel 2019 è stata determinante per far approvare l’amnistia per chi ha deforestato illegalmente nella foresta amazzonica.
Cosa accadrà se la PL 490 verrà approvata dal congresso nazionale brasiliano? I popoli indios dovranno dimostrare al governo federale brasiliano la prova della loro presenza alla data del 5 ottobre del 1988 nelle terre dove vivono da secoli e secoli. Un’assurdità, criminogena, se pensiamo che fino al 1988 le popolazioni indios non venivano considerate dal governo, persone con capacità giuridica. Nei decenni gli indios sono stati sottoposti a processi di espulsione dalle loro terre e a gravi violenze per le continue invasioni dei cercatori d’oro, dei land grabber, tagliatori di legna e latifondisti: per le popolazioni indigene dimostrare che si trovavano nelle terre da loro rivendicate o provare che sono stati espulsi è molto difficile se non impossibile. Per comprendere la ratio criminale di questa legge contro i diritti umani e l’ambiente, prendo ad esempio una famiglia che coltiva un terreno da secoli, arrivano dei banditi armati e ti cacciano con la violenza dalle terre, viene approvata una legge che dice che siccome nella data fissata tu non c’eri a coltivare le terre hai perso il diritto a stare su quelle terre.
La resistenza dei popoli indigeni per la loro sopravvivenza e contro la propria estinzione ha tutelato parte della foresta sino ad oggi. La demarcazione delle loro terre ancestrali, determinata dalla Costituzione del 1988, era funzionale a garantire la loro sopravvivenza e quella della foresta. In Amazzonia vivono 100 popoli indios isolati, che non hanno mai avuto contatti con i bianchi, sono persone che vogliono solo vivere in pace nelle terre dove vivono da sempre e per questo, preferiscono stare lontano dai bianchi. La PL 490 prevede la modalità per cacciarli e quindi portarli all’estinzione. Dice l’art.29 della PL 490: “nel caso di popolazioni indigene isolate, spetta allo Stato e alla società civile rispettare le loro libertà e modi di vita tradizionali, e il contatto dovrebbe essere evitato il più possibile, salvo prestare assistenza medica o mediare atti statali di pubblica utilità”. E’ bene ricordare che gli indios isolati hanno una difesa immunitaria diversa dalla nostra e l’influenza o una congiuntivite li può sterminare, ma il vero obiettivo è messo nero su bianco dalla legge: realizzare miniere, centrali idroelettriche, strade dentro le aree indigene e per poterlo fare Bolsonaro deve espellere gli indios.
Bolsonaro da presidente del Brasile ha tollerato e coperto le invasioni illegali delle terre indigene, realizzate con violenza e omicidi, da parte di cercatori d’oro, latifondisti e allevatori intensivi. Nelle sole terre indios Yanomami e Munduruku vi sono oltre 30.000 minatori che devastano la foresta minacciando e bruciando le case dei leader indios che si oppongono alle loro violenze. Nel maggio scorso un villaggio indigeno Yanomami che si trova lungo il fiume Uraricoera ha subito un attacco armato da parte di garimperos, cercatori d’oro, arrivati con i motoscafi provocando vittime e feriti, tra i quali due bambini di uno e cinque anni. Nelle terre indios l’estrazione mineraria è illegale, e nessuna autorità governativa li ferma anzi li tollera. Secondo la Cpt, commissione pastorale per la terra brasiliana, nel 2019 si sono registrati 1823 conflitti per le occupazioni delle terre con 32 leader indigeni assassinati. Uno di questi casi di omicidio è quello di Emyra Waiãpi, della terra indigena di Waiãpi, assassinata nel luglio 2019, all’età di 69 anni. È stata pugnalata a morte perché si opponeva all’invasione di cercatori d’oro in una regione dove sono in corso processi minerari illegali per l’estrazione di tantalio e oro. Questi dati e fatti vengono valutati dalla commissione pastorale come una conseguenza delle politiche dell’attuale governo.
Nel 2020, l’Amazzonia ha subito la più grande deforestazione degli ultimi 12 anni: 1.085.100 ettari sono stati distrutti, secondo i dati Inpe, Istituto nazionale per la ricerca spaziale. Un’altra ricerca, quella dell’Istituto Socio Ambiental, evidenzia come nei primi due anni del governo Bolsonaro la deforestazione è aumentata di quasi il 48% nelle aree protette dell’Amazzonia. Lo scienziato Carlos Nobre, premio Nobel per la Pace, ha denunciato che l’Amazzonia si sta avvicinando sempre di più al punto di non ritorno, ovvero a rischio desertificazione. L’aggressione al bioma dell’Amazzonia favorisce una maggiore interazione umana con gli animali selvatici tra chi vive nelle zone rurali e chi lavora nel cuore della foresta per organizzare la deforestazione, aumentando così le possibilità che un virus virulento, un batterio o un fungo salti da una specie all’altra, come ha affermato Adalberto Luís Val, ricercatore presso il National Amazon Research Institute (Inpa), con sede a Manaus. L’Istituto Evandro Chagas, un’organizzazione di ricerca sulla salute pubblica a Belém, capitale dello stato del Parà in Brasile nel cuore dell’Amazzonia, ha identificato circa 220 diversi tipi di virus in Amazzonia, 37 dei quali possono causare malattie negli esseri umani e 15 con il potenziale di causare epidemie. Se l’Amazzonia cesserà di essere un grande “regolatore climatico” sarà molto difficile, se non impossibile, contrastare il cambiamento climatico. La protesta degli indios, che a migliaia in questi giorni si trovano a Brasilia per protestare contro questa legge, sono nostri fratelli e sorelle e la loro battaglia deve diventare la mobilitazione di tutta la comunità internazionale per fermare quello che sta per trasformarsi in un crimine contro l’umanità.
Tratto da Il Fatto Quotidiano