di Valentina Gentile – Presentato in pompa magna a Palazzo Madama, l’ambizioso progetto del governo Meloni dimostra in realtà di essere un gigante dai piedi d’argilla. Soprattutto rischia di riportarci indietro su tutela dell’ambiente e sviluppo sostenibile. E di inaugurare una nuova corsa neocolonialista verso il Continente africano
Ne avevamo parlato nel giugno 2022, riportando le parole del segretario Onu Antonio Guterres, che definiva la nuova corsa ai fossili sfacciatamente ostentata dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, “delirante”. Il riferimento era anche alla nuova corsa all’Africa e alle sue risorse fossili. Una corsa, quella al gas africano, che in quei giorni vedeva l’allora Presidente del Consiglio italiano Draghiinsieme a Luigi Di Maio e all’ad Eni Descalzi volare in Algeria, Congo, Mozambico e nell’Egitto di Al-Sisi, che il governo guidato da Giorgia Meloni ha continuato, esasperandola, com’è nello stile al quale la compagine guidata dalla donna e madre di Garbatella ci ha abituati.
Il Piano Mattei, pompa magna a Palazzo Madama
Così, il fantomatico, mitizzato, esaltato Piano Mattei è stato presentato in pompa magna a Palazzo Madama. Alla presenza, come tuonano a destra, “dell’Africa”. Ma già da un rapido conto è chiaro quanta “fuffa” si celi, nemmeno troppo bene, dietro l’operazione di facciata: su 54 Paesi africani solo in 16 hanno inviato delegazioni “pesanti”, ossia con capi di Stato o primi ministri.
L’Africa non è “un Paese”, ma un continente. Immenso, complesso, sfaccettato.
Il presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki, nell’aula di Palazzo Madama, dove si è svolto il vertice, ha dichiarato:
«L’Africa è pronta a discutere i contorni e le modalità dell’attuazione del Piano Mattei. Ma avremmo auspicato di essere consultati».
In queste parole, scandite con estrema decisione da Faki, e riprese successivamente nello stesso discorso («(…) è necessario passare dalle parole ai fatti, capirete bene che non ci possiamo più accontentare di semplici promesse che spesso non sono mantenute»), la tirata d’orecchie a Meloni e co., che sintetizza nel migliore dei modi quanto le cose siano più complesse rispetto alla propaganda governativa (a pochi mesi dalle elezioni europee).
E la transizione ecologica?
Il cosiddetto Piano Mattei, insomma, nonostante la presenza di Von Der Leyen e Metsola a suggellare l’appoggio europeo (pre elettorale), non ha partenza facile. Ma non è, ovviamente, (solo) questo il punto. Almeno non nell’ottica in cui ce ne occupiamo.
Nel Piano Mattei le rinnovabili non sono protagoniste. Protagonista è ancora, di nuovo, sempre il gas, insieme ai disegni Eni sui biocarburanti.
Una visione miope del futuro energetico ed economico del nostro Paese, che ignora del tutto il concetto di transizione ecologica. Come scrivono Wwf, Legambiente, Kyoto Club e Greenpeace in un comunicato congiunto; «Il suo unico obiettivo pare essere quello di trasformare l’Italia in un hub energetico del gas attraverso una cooperazione che passa dall’Africa e dalle fonti inquinanti, aumentando la dipendenza energetica del Paese».
Il neocolonialismo ambientale
Una scelta insensata e anacronistica, si legge sempre nella dichiarazione, che sa di neocolonialismo, come è stato sottolineato anche in una lettera aperta della società civile africana. Il Piano rischia seriamente di compromettere gli impegni esistenti per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C e quelli presi nelle due ultime Cop sul clima.
Che ne sarà del pur timido impegno preso alla Cop28 alla “transition away from fossil fuels” cioè la fuoriuscita da gas, petrolio e carbone? Perché l’Italia, che avrebbe tutte le carte in regola, non può diventare un hub strategico, sì, ma per le rinnovabili, ossia per il futuro?
Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente, e WWF Italia ricordano che secondo l’International Energy Agency, che ogni anno redige un report su sviluppi e politiche del settore energetico, nel 2025 le energie rinnovabili saranno la prima fonte di elettricità al mondo. Il sorpasso sul carbone è ormai quasi fatto. Le fonti rinnovabili prese in esame dallo studio sono l’energia solare, l’eolica e l’idroelettrica. Nel 2023, se considerate tutte e tre insieme, hanno prodotto il 30% dell’elettricità mondiale e si prevede che la percentuale salirà fino al 37% nel 2026. Eppure nel 2022 i sussidi alle fonti fossili sono più che raddoppiati arrivando, secondo l’ultimo report Legambiente, a quota 94,8 miliardi con i decreti per l’emergenza bollette causata dalle speculazioni sul gas.
Piano Mattei e Africa: quale sviluppo?
Ma che cosa si intende, oggi, per sviluppo dell’Africa e quindi del futuro di tutti? Il governo si è detto pronto a mettere in campo 5,5 miliardi di euro in 4 anni, per sostenere «strategie territoriali, riferite a specifiche aree del continente africano», come riporta il documento parlamentare. Si legge nel documento, che tra i settori di collaborazione elencati si trovano la promozione delle esportazioni e degli investimenti, l’istruzione, la formazione superiore e professionale, la ricerca, la salute, l’agricoltura, lo «sfruttamento sostenibile delle risorse naturali, incluse quelle idriche ed energetiche» (sic), la tutela dell’ambiente, il potenziamento di infrastrutture anche digitali, lo sviluppo del partenariato energetico, il sostegno alle imprese, il turismo, la cultura. E ovviamente «la prevenzione e il contrasto dell’immigrazione irregolare e la gestione dei flussi migratori legali».
Quale sarà il costo umano (e quindi storico, politico: ormai dovremmo averlo imparato) di quest’ultimo punto (fondamentale per la propaganda governativa) e dei punti precedenti? E a vantaggio di chi?
Tratto da Sapereambiente