“Negli Stati Uniti l’attenzione nel contrasto alla contaminazione da Pfas è altissima. Il 10 aprile l’EPA, l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente negli USA, ha stabilito nuovi limiti legalmente vincolanti per l’acqua potabile per un gruppo dei composti PFAS più pericolosi. I nuovi limiti, che stabiliscono il livello più alto al quale un contaminante può essere presente nell’acqua, applicabili per PFOA e PFOS, sono di 4 ng/l ciascuno. Da noi, purtroppo, l’impegno contro i Pfas non è così determinato. Infatti in Italia e in Veneto i limiti attualmente applicati sono decisamente più alti di quelli definiti ora dagli USA: parliamo di limiti nazionali che arrivano fino a ben 500 ng/l per la somma totale dei PFAS (massimo 100ng/l per la somma di 24 di essi) e limiti regionali di 90 ng/l per PFOA E PFOS più 300 ng/l per la somma degli altri Pfas.
Dati che evidentemente sono distanti dai valori statunitensi, che comunque sono ancora insufficienti a tutelare bambini, neonati, donne in gravidanza e persone più a rischio se li confrontiamo alle soglie di sicurezza sanitaria che l’Ente Europeo per la Sicurezza alimentare ci fornisce, che infatti indica in 0,63 nanogrammi per kg di peso di una persona la soglia giornaliera di sicurezza sanitaria per la somma di 4 tipi di PFAS, che sia tramite acqua, alimenti, aria o altre fonti di contaminazione: la somma della contaminazione tra acqua e alimenti, anche con soli 5ng per ogni alcuni tipi di pfas, mette a rischio la salute dei bimbi, anzitutto.” Conclude Guarda: “È evidente dunque che se nemmeno i limiti statunitensi tutelano pienamente le categorie più a rischio, tanto più i limiti di legge italiani e locali devono essere rivisti al ribasso, con un impegno solido e deciso nell’intervento anche sulle altre fonti di contaminazione, proteggendo anzitutto la produzione di cibo.”