L’Italia non è la Svizzera. Rigettata in primo grado la causa di Giudizio Universale contro l’Italia per inazione climatica

Dopo anni di dibattiti, i 203 attori, le 24 associazioni e le 179 cittadine e cittadini, guidati dall’associazione A Sud, hanno affrontato il sistema legale italiano per chiedere giustizia climatica. Il loro obiettivo era chiaro: spingere l’Italia ad agire in modo deciso contro l’emergenza climatica, richiedendo una drastica riduzione delle emissioni entro il 2030.

Tuttavia, la sentenza di primo grado ha gettato ombre sulle speranze di coloro che combattono per un futuro sostenibile. Il tribunale ha dichiarato che non ha giurisdizione per trattare questioni così cruciali per il destino del nostro pianeta. Una decisione che ha deluso e irritato coloro che hanno investito tempo, energie e speranze in questa causa.

Il verdetto solleva una serie di interrogativi su come il sistema giuridico italiano affronti le sfide climatiche. Mentre in altri paesi, come i Paesi Bassi o la Svizzera – è recente io successo ottenuto dalle “nonne per il clima” , le corti hanno riconosciuto il dovere dei governi di agire per proteggere l’ambiente, in Italia le porte della giustizia ambientale sono ancora chiuse.

La decisione del tribunale rappresenta un duro colpo per la lotta contro il cambiamento climatico. Nonostante la gravità e l’urgenza della crisi climatica siano riconosciute, sembra che il nostro sistema legale non sia pronto a rispondere adeguatamente a questa sfida epocale. È un segnale preoccupante che evidenzia la mancanza di consapevolezza e impegno da parte delle istituzioni italiane nel contrastare uno dei problemi più pressanti della nostra era.

Tuttavia, non tutto è perduto. Le ragazze ed i ragazzi che hanno promosso il Giudizio Universale non si arrendono facilmente. Promettono di impugnare la decisione del tribunale e di continuare la loro battaglia per un futuro più verde e sostenibile. Citando la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e la Cedu, che non limitano l’accesso alla giustizia climatica, vedono nella sentenza una contraddizione rispetto alla gravità dell’emergenza climatica e alla necessità di una tutela preventiva.

Il verdetto di primo grado può essere un ostacolo, ma non è la fine del cammino. È un richiamo all’azione, un’opportunità per rafforzare la mobilitazione e per spingere il sistema legale italiano a rispondere alle sfide climatiche con la serietà e l’urgenza che meritano. La causa Giudizio Universale potrebbe aver subito una battuta d’arresto, ma la sua importanza e la sua urgenza restano intatte. Ora più che mai, è tempo di alzare la voce e di lottare per un futuro in cui l’Italia sia leader nella difesa del nostro pianeta.

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