Bruxelles, 28 gennaio 2025 – «In questa fase, non si può escludere che il progetto relativo al serbatoio, se realizzato, avrà un impatto negativo sul deflusso del fiume»: parola di Maroš Šefčovič, Vicepresidente Esecutivo della Commissione Europea, che ha risposto a nome dell’esecutivo guidato da Von der Leyen alla lettera di denuncia formalizzata il luglio scorso dall’allora neo-eletta eurodeputata Cristina Guarda. «Si è trattato del mio primo atto da parlamentare europea», dichiara Guarda, componente del gruppo dei Verdi al Parlamento Europeo. Che, a proposito dei nuovi studi autorizzati dal direttivo uscente del Consorzio Brenta, commenta: «una scelta priva di legittimità politica e poco elegante nei confronti della nuova governance».
«Rispondendo alla mia segnalazione del luglio scorso, la Commissione ha confermato la necessità di approfondire le alternative possibili. Il torrente Vanoi, infatti, è classificato come “naturale”: occorre dunque valutare l’impatto del progetto sul fiume con “modelli idrologici solidi, calibrati e validati”. Se dalla valutazione preventiva emergesse poi “che il progetto di invaso impedirebbe a tali corpi idrici di raggiungere un buono stato o addirittura deteriorerebbe il loro stato”, per l’approvazione del progetto dovrebbero verificarsi quattro condizioni», dichiara l’eurodeputata, in riferimento alla risposta ricevuta il novembre scorso dalla Commissione europea, dove sono elencati i quattro punti: «intraprendere tutte le azioni possibili per ridurre l’impatto negativo sull’acqua; indicare nel piano di gestione del bacino idrografico le ragioni delle modifiche all’acqua e rivedere gli obiettivi ogni sei anni; le modifiche devono avere un interesse pubblico prioritario e i loro vantaggi per salute e sicurezza devono superare gli obiettivi ambientali; e, soprattutto, “per ragioni di fattibilità tecnica o costi sproporzionati, i vantaggi derivanti da tali modifiche o alterazioni del corpo idrico non possono essere conseguiti con altri mezzi che costituiscano una soluzione notevolmente migliore sul piano ambientale”. Il che, tradotto, significa che se i benefici delle modifiche possono essere raggiunti con alternative tecnicamente fattibili o meno costose, bisogna scegliere la soluzione migliore per l’ambiente», sottolinea Guarda.
«Come Verdi siamo fortemente contrari a questo progetto, perché la diga è una soluzione costosa e lunga da realizzare, che non risponde in modo efficace e rapido alla crisi idrica, penalizzando l’ambiente e la sicurezza pubblica. Le alternative esistono, sono meno costose e più efficienti: la ricarica controllata delle falde, il miglioramento dei sistemi di irrigazione, il potenziamento delle infrastrutture esistenti e l’adozione di pratiche di conservazione dell’acqua. Perché non valutarle seriamente?», conclude Guarda.
Cristina Guarda (Verdi/ALE), eurodeputata